Tra numeri da record, installazioni immersive e un pubblico sempre più eterogeneo, la Milano Design Week 2025 conferma luci e ombre di un format in continua evoluzione. Un resoconto critico e progettuale, oltre la cronaca degli eventi.
Uno sguardo d’insieme: numeri, pubblico e tendenze generali
L’edizione 2025 del Fuorisalone si è chiusa con numeri solidi e un entusiasmo percepibile: oltre 350.000 visitatori, più di 1.066 eventi ufficiali e una crescita dell’indotto economico del +5,8% rispetto al 2024. Sul versante digitale, si registrano 660.000 utenti unici sul sito ufficiale e oltre 4 milioni di visualizzazioni di pagina. Ma i numeri, da soli, non raccontano la complessità né tantomeno le contraddizioni che la Milano Design Week porta con sé.
Il tema scelto per l’anno, “Mondi Connessi”, ha proposto un fil rouge che ha permesso ampie declinazioni progettuali: dalle relazioni umane alla contaminazione con l’AI, fino alle connessioni tra i materiali e le nuove tecnologie. Una cornice concettuale fertile, che ha visto però una realizzazione altalenante: profonda in alcuni casi, prettamente decorativa in altri.
Cosa ha funzionato davvero: installazioni, narrazioni e concept
Alcuni brand hanno mostrato una straordinaria capacità di usare la settimana milanese come vero laboratorio di visione.
Prada ha sorpreso con “Frames”, un’esplorazione poetica dell’archivio su rotaie, trasformando un treno restaurato di Gio Ponti in un’esperienza multisensoriale.
Gucci, con “Bamboo Encounters”, ha trasformato il materiale simbolo della maison in un linguaggio visivo ed emozionale, ibridando moda e installazione.
Loewe ha creato un’intera collezione di teiere reinterpretate da 25 designer e artisti, mettendo in discussione l’idea stessa di oggetto funzionale.
Louis Vuitton e la sua collezione Objets Nomades confermano il posizionamento premium e curatoriale del marchio nel mondo del design.
Toiletpaper ha invaso i Bastioni di Porta Venezia con un’installazione pop e disturbante, generando file chilometriche e un’interazione urban-art perfettamente fotografabile.
Accanto ai big della moda e del lusso, non sono mancati anche quei “progetti faro” che, edizione dopo edizione, rappresentano un termometro affidabile della qualità curatoriale e della ricerca spaziale del Fuorisalone:
Alcova, che continua a rinnovarsi per linguaggi e location, quest’anno ha portato i suoi progetti a Villa Borsani e Villa Bagatti Valsecchi, dando spazio a nuove pratiche, materiali e modalità di abitare.
Loro Piana Interiors by DimoreStudio, con una sofisticata rilettura della materia e del colore, ha reinterpretato gli interni in modo teatrale e raffinato, confermando una delle collaborazioni più attese dell’anno.
Stone Island Sound, che ha trasformato il suono in un’esperienza installativa immersiva, ribadendo l’identità sperimentale del brand.
Artemest Apartment, una delle mete cult della settimana, ha raccontato il design artigianale italiano attraverso un percorso domestico, eppure museale, all’interno di un appartamento impeccabilmente curato.
Design che apre le porte
Forse, però, l’elemento più prezioso del Fuorisalone è la sua capacità di rendere accessibili spazi normalmente inaccessibili. Dalle corti affrescate di palazzi privati alle dimore storiche che si aprono per la prima (e forse unica) volta al pubblico, Milano — durante questa settimana — si svela e si offre come laboratorio urbano a cielo aperto.
È qui che avviene la vera magia del design: quando il progetto incontra il contesto, e la città stessa diventa il primo oggetto di narrazione.
Geografia del design: distretti in crescita e zone in affanno
La mappa della design week ha confermato una centralità ormai consolidata di Brera, che con oltre 300 eventi si è riconfermata regina del Fuorisalone, mixando contenuti e atmosfere internazionali, con grande coerenza curatoriale.
Di contro, zona Tortona — un tempo epicentro dell’avanguardia — ha mostrato segni di cedimento: non tanto nei numeri, ma nella proposta. Troppi eventi interlocutori, padiglioni caotici e un generale senso di “passato che si ripete”. Non basta più lo storytelling industriale o il fascino della location post-industriale. Il pubblico — sempre più esigente — cerca esperienze che abbiano anche un’anima progettuale.
Design vs Evento: un equilibrio difficile
Tra le file interminabili per accedere ad alcune location (Codega, Dior, Alcova su tutte), e un pubblico spesso più interessato ai gadget che al contenuto, si solleva una questione non nuova ma urgente: la spettacolarizzazione del design sta divorando il progetto?
Se da un lato la democratizzazione della fruizione culturale è un dato positivo — e Milano ha saputo creare un ecosistema inclusivo — dall’altro, il rischio è quello di svuotare di senso l’esperienza. Molti visitatori dichiarano di non sapere nemmeno cosa stessero andando a vedere, attratti solo da code e buzz online. Il Fuorisalone non può diventare un “Instagram Festival” del design.
Uno sguardo progettuale: cosa ci dice questa edizione
A livello più ampio, il Fuorisalone 2025 ci racconta qualcosa di molto preciso:
- Che il design come linguaggio esperienziale è ormai dominante.
- Che il marketing emozionale guida molte strategie espositive, talvolta a scapito del contenuto.
- Che il confine tra evento culturale e happening commerciale è sempre più sfumato.
- Che le aziende cercano narrazioni più che prodotti, e il progetto deve sapersi adattare a questo.
Eppure, accanto a tutto questo, resistono segnali di grande valore.
Progetti radicali, approcci sperimentali, materiali inediti, pratiche relazionali.
Forse non sono i più visibili, ma ci sono, e meritano attenzione.
Conclusione: cosa ci portiamo a casa?
Il Fuorisalone 2025 si chiude con una sensazione duplice: soddisfazione e fatica, entusiasmo e saturazione. La città ha risposto, i professionisti si sono mossi, i brand hanno investito. Ma è tempo di chiedersi: quale direzione vogliamo dare a questo format? Più che crescere in quantità, forse è tempo di pensare a qualità, accessibilità e contenuto.
Perché solo così Milano potrà continuare a essere — con credibilità — la capitale mondiale del design.
Image Courtesy of Interni Magazine, Vogue Italia, Design Milk & AD Italia.